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venerdì 13 agosto 2010

Una vergogna nascosta

Una vergogna nascosta

Nel 1990, prima che uscisse la legge Mammì esistevano in Italia circa, se la memoria non mi tradisce, 1500 emittenti locali, ma, a seguito della legge, dopo qualche anno ne sopravvivevano poco più di 500 e cioè tutte quelle controllate dal potere nelle sue varie forme. Perché vi dico tutto questo? Perché possiamo far coincidere la fine della libertà di informazione e quindi della Democrazia in Italia con le conseguenze di quella legge nefasta. Non solo, quello che spaventa, al di là della critica di maniera dei giornali, è l’indifferenza degli stessi che si sono ben guardati dal presentare la realtà nella giusta luce e il modo sopratutto con cui le emittenti locali sono state costrette a chiudere o passate di mano allo scopo di lasciare libere le frequenze che erano state già spartite e assegnate a tavolino. La legge è stata calpestata da una muta di sciacalli aziendali che hanno avuto la strada spianata dalle incombenze della legge Mammì, con la complicità delle stesse banche per portare nello stile più classico tanto caro alla mafia le emittenti alla fame e a cedere l’azienda a prezzi irrisori. Conosco troppo bene la materia anche perché io sono una di quelle vittime silenziose, che ha subito, nell’indifferenza generale, le angherie del potere che, utilizzando persone di comodo entrate nella società nel momento del bisogno, arrogantemente ha fatto il bello e il cattivo tempo come se la legge riguardasse gli altri. E così dopo anni di lavoro, dopo aver creato l’azienda, io e mia moglie, ce la siamo vista sfuggire caricata di debiti, anche grazie al rifiuto sistematico del lavoro e quindi degli incassi per giustificare la vendita a basso prezzo ai propri complici o mandanti. Ma nonostante queste pressioni ci siamo opposti alla vendita e abbiamo fatto l’unica cosa consigliabile in questi casi, e cioè siamo ricorsi in tribunale, perché sapevamo che questa vendita dell’etere era solo l’inizio e poi dell’emittente non sarebbe rimasto niente. Ma il tribunale ha un concetto di giustizia tutto suo e perciò ha negato il sequestro e legittimato la vendita della nostra sas e il crimine ha potuto perfezionarsi nella classica maniera in stile mafioso o se preferite massonico. Della vendita non abbiamo visto, manco a dirlo, una lira, abbiamo pagato le spese legali per la richiesta di sequestro e rimborsato alle banche gli importi delle fideiussioni visto che riteneva me e mia moglie i soci più affidabili. Ora siamo concessionari di niente e di una azienda che non esiste più e dei suoi debiti e qualcuno gode i privilegi di una concessione estorta col crimine. Questa in sintesi la storia di Canale 60 sas emittente libera dissoltasi nel nulla, ma ho notizia di tanti altri con esperienze analoghe, il tutto avvenuto nel silenzio generale. Me se chi ha architettato tutto questo è stato capace di tanto, a questo punto una considerazione è d’obbligo: in quali mani è finita l’informazione oggi?

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