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domenica 20 febbraio 2011

A futura memoria

E’ luogo comune dire che la legge Mammì abbia disciplinato l’etere fino ad allora una sorta di “far west”, per usare una frase cara allo stesso Ministro che ne fu il promotore. Lamentava il Ministro Mammì nella presentazione della sua legge le numerose cause in tribunale per la contesa di una frequenza, e ciò per lui era evidentemente disdicevole. Questo è certamente vero ma comunque era un segno di democrazia, che con la sua legge si è dissolto consegnando le frequenze e l’informazione a pochi gruppi di potere. Prima dell’uscita della legge Mammì infatti esistevano in Italia 1500 emittenti locali ma seguito della legge che imponeva condizioni capestro per la maggior parte di esse ne rimasero poco più di 500. Il far west, caro Ministro, è semmai questo, è la sua legge, con tutto ciò che ha trascinato appresso, criminalità compresa, sorta di pistola puntata sulla tempia del malcapitato per costringerlo a dismettere l’uso di una frequenza a vantaggio di poteri occulti e prestabiliti. Come nel far west appunto, caro Ministro, ha vinto la legge del più forte ma di questo, credo, ci sia ben poco da menarne vanto. Nei post che seguiranno parlerò della mia assurda vicenda personale, relativa alla mia televisione, Canale 60, esemplare per quanto detto sopra e molto illuminante del periodo. In attesa faccio un appello e chiedo a chiunque abbia avuto una analoga esperienza a quella che seguirà di contattarmi qui nel blog.

Pietro Atzeni

lunedì 14 febbraio 2011

Adesso basta: i problemi sono ben altri


Adesso basta: i problemi sono ben altri

Pare che nel nostro paese circolino ogni anno circa tra le 50 e le 70mila giovani donne straniere che operano nel mercato del sesso. Vengono qui da noi spesso attirate col miraggio di un lavoro che le riscatti dalla miseria e povertà del paese di provenienza per dare così alla propria vita una prospettiva migliore. Provengono dai paesi dell’Est, albanesi rumene, polacche, o dai paesi africani in via di sviluppo. Esercitano alla luce del sole se così si può dire. Eppure molte di loro hanno dietro una storia di violenza inaudita. Attirate con inganno in un paese straniero col miraggio di un lavoro da persone prive di scrupoli sono costrette a una vera e propria segregazione al di là dell’apparente libertà, costrette a battere per strada per pagarsi i debiti contratti per il privilegio di trovarsi in occidente. Chiunque di noi può vederle, chiunque di noi può guardare in fondo ai loro occhi e ben pochi non rimanerne turbati da una stretta al cuore. Altra storia sono le ormai famose escort. Rappresentano l’aspetto emancipato della professione. Sono insomma delle libere professioniste che affittano il loro corpo per delle cifre da capogiro e comunque per una cifra che va ben al di là dei 30 euro, quando va bene, delle colleghe di strada e in questa loro breve carriera possono mettere da parte un gruzzolo importante per dare una svolta alla loro vita. Fatta questa premessa vi pongo una domanda: quale categorie di donne, la cui condizione vi muove a indignazione, vi sentireste di difendere e per le quali vorreste di dire “adesso basta”? Una volta data la risposta chiedetevi perché ieri 13 febbraio la manifestazione a difesa della donna era contro quell’altro tipo, quella emancipata che di tutela proprio non ha bisogno? Meditate gente, meditate, anche se non siete berlusconiani come me.