Un paese ben
strano questo nostro
Un paese ben
strano questo nostro. Un paese con la terza riserva aurifera al mondo ma che ci
dicono in bolletta. Un paese che importa dall’estero prodotti tessili e
alimentari, con le inevitabili conseguenze che questo comporta, e si meraviglia
della dilagante disoccupazione e fa crociate per la soppressione dell’art. 18
l’unico ostacolo, sembra, allo sviluppo! Un paese dove le aziende, una dietro l’altra
come le ciliegie, attratte dal miraggio del maggiore profitto, prendono baracca
e burattini e vanno all’estero, e le sempre meno rimaste son costrette a subire
la maggiore imposizione fiscale al mondo. Un paese che in nome della Democrazia,
che si spera quanto prima di avere anche in Italia, bombarda, o sanziona, i
popoli amici, fornitori di petrolio, e lavoro per molte nostre aziende,
contribuendo così all’aumento dei costi dell’uno e alla inevitabile perdita di
migliaia di posti di lavoro nell’altro caso. Un paese che investe nella
scolarizzazione enormi risorse per consegnare alla fine del percorso spesso i
migliori, gratis, ad aziende e paesi stranieri perché nel nostro l’unica prospettiva
è la fame. Un paese che si indigna per le probabili trombate del proprio
Presidente del Consiglio e messo a novanta dal suo sostituto pare si dichiari
molto soddisfatto di lui. Potrei continuare ma mi fermo qui aggiungendo a
conclusione un’ultima cosa. Un paese, insomma, che attribuisce alle lobbies dei
tassisti il mancato sviluppo e salvaguarda le banche, il vero artefice di tutte
le nostre disgrazie, quali speranze può avere per il futuro?
Pietro Atzeni