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sabato 16 aprile 2011

Premio "Miglior Libro", recensione

Le verità di fango. Enigma rosso Questo nuovo romanzo di Atzeni ricorda in un qualche modo quelle chiese antiche che nei secoli hanno avuto diversi rimaneggiamenti e che devono il loro fascino e bellezza proprio alla loro unicità di armoniosa fusione di stili diversi. Ecco “Le verità di fango. Enigma rosso” è un po’ come quelle chiese, infatti è thriller , è noir, è saggio allo stesso tempo, generi che si fondono senza disturbarsi, anzi, in un’unica storia figlia, sì, di diversi modelli ma che si nutrono vicendevolmente e che ti prende lasciandoti col fiato in sospeso dalla prima all’ultima pagina. Ambientato in una Cagliari lontana ombra della solare “città del sole” di Alziator, la stessa città sembra respirare lo stesso clima cupo, opprimente e carico di tensione che i protagonisti respirano, con essi vive in osmosi e sembra osservare impotente lo sfacelo sociale che si consuma davanti ai propri occhi, come a quelli dei protagonisti. Acquista un’anima Cagliari quindi nelle pagine di Pietro Atzeni, un’anima che la rende compartecipe delle umane vicende. Ed è l’anima di Salvatore Spanu, di Luigi, di Paolo impegnati in una lotta senza tregua a contrastare gli effetti nefasti di una politica figlia del delirio di onnipotenza di pochi, che si adombra dietro ideali di libertà e Democrazia utilizzati però come grimaldello per scardinare lo Status quo e sostituirsi ad esso. Ma questa politica che vuole ridurre al minimo il potere dello Stato, che predica le privatizzazioni è come una valanga che mette in movimento inarrestabili interessi, voraci e rapaci, locali e globali e, pur di soddisfarli, non c’è crimine che non si possa commettere. E così sfilano davanti ai nostri occhi personaggi come Villa il direttore dell’ias che, a seguito della privatizzazione del suo ente, prima scompare con alcuni milioni di euro e poi viene poi ritrovato cadavere, raggirato dalla bella vedova Uccheddu . Avventurieri come il misterioso Bacalov, un estone che si dice ispirato e consigliato da Rasputin, venuto in Sardegna a concludere buoni affari con agenti segreti russi che gli stanno alle calcagna. E poi i politici sempre pronti a ghermire l’affare, che spesso loro stessi creano, per le lobbies che rappresentano e li sostengono. Tanti altri sono i personaggi del romanzo, ma tutti legati, per un motivo o per un altro, a un unico filo conduttore e cioè la nuova economia, che viene indagata, studiata e mostrata al lettore in maniera chiara e semplice ed è in fondo il motore del romanzo attorno al quale tutti ruotano, volenti o no. Un capitolo a parte meriterebbe la interessante teoria economica all’interno del romanzo, che vediamo nascere e crescere con gli occhi di Salvatore grazie al suggerimento dal carcere di Francesco Atzori, il politico corrotto ormai redento, che dimostra come in fondo chi ha concepito la globalizzazione lo ha fatto col solo fine di mangiarsi gli stati e dominarli. Bellissimo il confronto indiretto fra le due scuole di pensiero al Consiglio regionale fra Angelo Deidda e Salvatore Spanu e cioè fra chi, come il primo sostiene la vendita dei beni pubblici, e il secondo, forte della sua teoria economica, contrario, che dimostra, tra gli applausi, come lo stato di necessità invocato sia creato ad arte. Da una apparente storia di fantasia, scaturita dal provvidenziale tentato furto delle tavolette d’argilla a casa di professor Olla, viene fuori quindi un quadro dei nostri giorni fedele e impietoso e il messaggio profondo che questo mondo è così perché noi lo abbiamo voluto. Alla coscienza di ciascuno di noi la scelta se sia arrivato il momento di scrivere, magari in altre tavolette, una storia diversa. Marina Piga